Software WHISTLEBLOWING

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Cosa significa whistleblowing?​

Whistleblowing è la condotta di chi rivela l’esistenza all’interno di un’organizzazione di pratiche, attive od omissive, percepite come illegali o, comunque, immorali al fine di ottenere efficaci azioni di ripristino della legalità da parte dell’ente.

Il Whistleblower è colui che effettua la segnalazione con uno canale aziendale di segnalazione.

La Legge 179/2017 impone alle società che si sono dotate di un Modello Organizzativo ai sensi del DLGS 231/2001 di dotarsi anche di canali di segnalazione (canali per il whistleblowing) che permettano ai dipendenti della società ed a selezionati terzi di effettuare segnalazioni di violazioni di legge o del codice etico della società. 

Nel dettaglio

Il whistleblower è tutelato in due direzioni: verso l’esterno, dal momento che è vietato rivelarne l’identità; internamente, dato che non potrà essere punito per per aver effettuato la segnalazione.

La legge prevede, a carico del datore di lavoro, l’istituzione di appositi canali di “segnalazione” che garantiscano la riservatezza dell’identità del segnalante nell’ambito delle attività di gestione della segnalazione.

Il legislatore fa espresso divieto di atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti del segnalante per motivi collegati, direttamente o indirettamente, alla segnalazione.

A completamento dello specifico sistema sanzionatorio che dovrebbe tutelare il segnalante e mettere al sicuro il datore di lavoro dal ricevere segnalazioni strumentali e fraudolente, viene prevista l’adozione di specifiche sanzioni nei confronti di chi viola le misure di tutela del segnalante, nonché di chi effettua con dolo o colpa grave segnalazioni che si rivelano infondate.

Tra i punti che destano maggiore interesse, in questa sede segnaliamo quello relativo alla nullità degli atti che saranno classificati dal giudice del lavoro ritorsivi o discriminatori, che daranno luogo ad una sentenza di condanna del datore di lavoro e, se del caso, al reintegro del lavoratore nel posto di lavoro e ripristino della situazione esistente originariamente.
Il licenziamento ritorsivo è ben noto alla giurisprudenza italiana che, con un orientamento ormai consolidato, stabilisce che al fine di ottenere il riconoscimento della natura ritorsiva dell’atto impugnato è necessario che ricorrano due elementi:
1. il motivo di ritorsione (o motivo illecito);
2. l’assenza di altre ragioni determinanti il recesso, ovvero, l’esclusività del motivo. Altresì, sempre per la giurisprudenza, il lavoratore che contesti il carattere ritorsivo del licenziamento ha l’onere, completamente a proprio carico, di provare, con sufficiente certezza ed elementi specifici, sia l’intento di rappresaglia, sia che tale intento ha avuto efficacia determinativa ed esclusiva della volontà espulsiva del datore di lavoro.
La suddetta prospettiva viene completamente capovolta laddove il licenziamento (od altro provvedimento) riguardi il whistleblower dato che, in questa ipotesi, l’onere della prova, sulla base della nuova norma, risulterà completamente invertito. Spetterà cioè al datore di lavoro dimostrare che le misure adottate e contestate sono motivate da ragioni estranee al processo di segnalazione avviato dal dipendente.

Importante aggiornamento sul whistleblowing

La Direttiva del Parlamento Europeo n. 1937 del 23 ottobre 2019 ha uniformato la disciplina del Whistleblowing degli Stati Membri dell’Unione europea.

Tutte le società che hanno 50 o più dipendenti od un fatturato annuale di almeno dieci milioni di euro, nonché le aziende che operano in settori che sono considerati “ad alto rischio” dovranno avere canali di whistleblowing .

I canali di whistleblowing dovranno essere sicuri e garantire la discrezione e l’anonimato per chi segnala e per chi viene segnalato. Ricevuta la segnalazione da parte dei whistleblower, le aziende sono poi tenute a fornire un riscontro entro i tre mesi successivi alla formalizzazione della stessa ed, eventualmente, qualora ritenuto necessario, entro il medesimo termine dovranno dare seguito alle segnalazioni.

Rispetto alla normativa italiana, i whistleblowers possono essere, oltre ai dipendenti, lavoratori autonomi, consulenti, appaltatori e fornitori.

Le tutele dei whistleblowers si estendono anche ai membri della famiglia ed ai colleghi del whistleblower.

I whistleblowers potranno effettuare segnalazioni anche in materie diverse da quelle relative al DLGS 231/2001 e, quindi, anche in ambito ambientale, finanziario, salute pubblica, protezione dei dati, trasporti, sicurezza dei prodotti e molto altro.

Possibili rischi

Il meccanismo che abbiamo sinteticamente delineato qui sopra risulta certamente volto a garantire la funzionalità del sistema e l’insieme di tutele ad oggi delineato, in astratto, appare del tutto razionale oltre che consono alla delicata situazione di riferimento. Qualche perplessità nasce nel momento in cui si prova ad immaginare quale potrebbe essere la deriva applicativa della normativa, soprattutto a fronte del fatto che la norma non ha ancora passato il vaglio di interpreti e magistratura.

Obbligo di valutare ogni iniziativa di whistleblowing

La novità non è di poco conto. Alla luce di quanto precede, infatti, ciascun datore di lavoro sarà chiamato a valutare preventivamente ed attentamente ogni e qualsivoglia iniziativa volta a modificare il rapporto di lavoro del personale coinvolto in un processo di whistleblowing. Il rischio maggiore è rappresentato dalla possibilità che anche provvedimenti del tutto legittimi e tutelabili, in quanto giustificati dal ricorrere di esigenze di carattere squisitamente imprenditoriale, per il semplice fatto di coinvolgere un whistleblower, possano cadere nelle maglie della nuova disciplina in materia di onere della prova. L’esempio più banale è rappresentato dall’esigenza di trasferire oppure variare le mansioni, iniziative del tutto ordinarie e ricorrenti nella vita dell’impresa di oggi. E gli esempi potrebbero essere infiniti dato che la norma in esame parla genericamente di “atti di ritorsione o discriminatori, diretti o indiretti”, senza fare alcuna casistica.

Possibili strumentalizzazioni

Tutte le iniziative suscettibili di “peggiorare”, seppur in senso lato, l’attività lavorativa del whistleblower risultano potenzialmente, e strumentalmente, contestabili sotto il profilo della natura ritorsiva, per il solo fatto di affliggere un whistleblower,  mentre in passato era onere del dipendente dimostrare il carattere ritorsivo dell’iniziativa datoriale in maniera puntuale e convincente, rischiando anche la condanna alle spese del giudizio in caso di mancata prova, oggi l’intero processo giustificativo sarà a carico del datore di lavoro.