Il Whistleblowing nell’antiriciclaggio

Il whistleblowing è un istituto di derivazione anglosassone introdotto per la prima volta in Italia nel 2012 con la cosiddetta “legge anticorruzione” (L. 190/2012), che aveva lo scopo di implementare una strategia finalizzata alla trasparenza e all’etica nelle pubbliche amministrazioni.

L’anno di svolta per il whistleblowing in Italia è stato però il 2017 quando è stata attuata la direttiva europea sui mercati degli strumenti finanziari ed è stato introdotto nel D. Lgs. 231/2007 (Decreto Antiriciclaggio) l’articolo 48 che regola i cosiddetti “Sistemi interni di segnalazione delle violazioni.

Il sistema di whistleblowing previsto per l’antiriciclaggio è infatti differente rispetto a quello dell’anticorruzione, tanto che è dibattuto se la giurisprudenza formatasi in quest’ultimo ambito sia applicabile anche all’antiriciclaggio.

Cosa prevede la procedura whistleblowing?

Venendo alla disciplina, l’art. 48 delinea le garanzie imprescindibili per il whistleblowing dei “soggetti obbligati”, ossia di quei soggetti che il Decreto individua come destinatari degli obblighi antiriciclaggio, tra cui vi sono, per citarne solo alcuni, intermediari bancari e finanziari, professionisti (notai, avvocati, commercialisti) nello svolgimento di particolari prestazioni professionali, soggetti che conservano o commerciano opere d’arte e cose antiche, operatori professionali in oro e altri.

La norma in parola prevede, anzitutto, l’obbligo per i soggetti obbligati di adottare procedure per le segnalazioni, da parte dei propri dipendenti, di potenziali o effettive violazioni del Decreto Antiriciclaggio. È bene precisare che, se per i soggetti obbligati la norma prevede l’obbligo di adottare le procedure, per i dipendenti la denuncia rappresenta invece solo una facoltà.

La procedura di segnalazione all’art. 48 deve inoltre necessariamente garantire alcune tutele: la tutela della riservatezza dell’identità del segnalante e del presunto responsabile delle violazioni, la tutela del segnalante contro condotte ritorsive, discriminatorie o sleali derivanti dalla segnalazione e, infine, lo sviluppo di un canale di segnalazione anonimo e indipendente proporzionato alla natura e alle dimensioni del soggetto obbligato.

L’art. 48 prevede inoltre che la segnalazione del whistleblower non costituisce una violazione degli obblighi derivanti dal contratto in essere con il soggetto obbligato e che la rivelazione dell’identità del segnalante possa avvenire soltanto in due casi specifici: in presenza del consenso del segnalante o quando la conoscenza dell’identità sia indispensabile per la difesa del segnalato.

Cosa succede se non si adotta la procedura di whistleblowing?

Non si può non rilevare che la normativa antiriciclaggio è del tutto carente rispetto alle conseguenze della mancata adozione della procedura per il whistleblowing, poiché non prevede, di fatto, alcuna sanzione per i soggetti obbligati che non implementano tali sistemi interni.

A breve sarà introdotta una nuova normativa sul whistleblowing grazie all’attuazione in Italia della direttiva UE 1937/2019 (cd. “Direttiva whistleblowing”) finalizzata a uniformare le discipline degli Stati membri sulla protezione dei whistleblowers in ambito sia pubblico sia privato. Il garante della privacy ha già espresso parere positivo sullo schema di decreto attuativo, vedremo quindi a breve l’impatto del nuovo decreto sulla disciplina.

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