L’istituto del whistleblowing rappresenta un elemento fondamentale grazie al quale le persone che adottano un comportamento corretto, atto a tutelare le attività produttive, vengono protette da eventuali ripercussioni negative, sia a livello lavorativo che personale.
Cosa è il whistleblowing?
Il whistleblowing è la possibilità per il segnalante, ovvero il whistleblower, di effettuare segnalazioni. Il whistleblower è prevalentemente un dipendente, o comunque con una figura lavorativa aziendale, che durante lo svolgimento delle proprie mansioni si accorge che all’interno dell’azienda vengono adottati comportamenti sospetti. Sostanzialmente spesso si tratta di colui che segnala atti di corruzione. In Europa, così come negli Stati Uniti i canali di whistleblowing si sono dimostrati efficaci anche sotto il profilo della tutela del whistleblower. Anche in Italia da alcuni anni sono stati istituiti canali di whistleblowing e previste tutele per il segnalante e diviene così importante conoscerne i meccanismi.
Quando nasce in Italia l’istituto del whistleblowing?
In Italia l’istituto del whistleblowing nasce tra il 2012 e il 2014 e questo per un semplice motivo: fino a quegli anni, infatti, la figura del segnalatore che comunica possibili illeciti commessi all’interno di un’impresa era totalmente sprovvisto di ogni genere di tutela. Questo comportava, quindi, una situazione tutt’altro che positiva per il segnalatore, che molto spesso si ritrovava a dover fare i conti con delle particolari situazioni complesse e allo stesso tempo a non avere un punto di riferimento che gli permettesse di evitare di avere le classiche ripercussioni negative nell’ambito lavorativo. Quando un illecito veniva segnalato dal dipendente, infatti, quest’ultimo non veniva tutelato e anzi, in alcune occasioni, il segnalante subiva ripercussioni anche gravi.
Tale situazione comportava, quindi, una serie di complesse ripercussioni a livello lavorativo e non furono pochi i casi in cui chi decideva di segnalare tali illeciti incorreva in ripercussioni pesanti come il licenziamento e non solo. Ecco quindi che l’istituto del whistleblowing nasce in Italia proprio in questi particolari anni, offrendo quindi una protezione ù a chi decideva, di adottare un comportamento corretto e di segnalare appunto tali illeciti.
Come funziona la normativa in merito alle segnalazioni?
Visti i rischi connessi alle segnalazioni, tra cui quello per il segnalatore di perdere il posto di lavoro, è stato introdotto l’istituto del whistleblowing in Italia. Con tale disciplina i rischi sono stati notevolmente ridotti, offrendo quindi ai segnalatori la possibilità di compiere un atto corretto senza rischiare ripercussioni nell’ambito lavorativo. La normativa, infatti, parla in maniera chiara e si schiera dalla parte del whistleblower: in questo caso chi decide di segnalare non può subire delle ripercussioni dirette e indirette nell’ambito lavorativo.
Per esempio il comportamento ostile di colleghi e dirigenti, la sospensione senza retribuzione, il licenziamento, il cambiamento delle mansioni con compiti che non spettano per contratto a quel dipendente e che minano la sua sicurezza e integrità fisica e mentale e altre situazioni similari rappresentano alcune delle conseguenze, dirette e indirette, alle quali il segnalatore non deve essere esposto. La tutela serve quindi a garantire anche un miglioramento del comportamento dei dipendenti che, grazie all’istituto del whistleblowing, possono evitare di ignorare determinate azioni che comportano appunto una serie di situazioni negative per l’impresa e per gli altri lavoratori ma, al contrario, procedere con la segnalazione agli enti competenti.
Tutela dell’identità del segnalatore di illecito
Questo istituto, per tutelare coloro che svolgono un compito complicato come appunto segnalare degli illeciti, si pone come obiettivo quello di mantenere celata l’identità della figura che decide di compiere tale atto. Occorre infatti sottolineare come, durante il processo che segue dopo il ricevimento della segnalazione, la persona che ha deciso di compiere tale atto in nessun caso deve essere rivelata durante lo stesso procedimento. Questo per il semplice fatto che, compiendo questo determinato passaggio, si rischia di creare una situazione che potrebbe essere assai ardua da affrontare per chi ha voluto rivestire il ruolo di segnalatore.
Per esempio se durante il processo il nome dovesse essere rivelato, il segnalatore andrebbe incontro a tutte quelle situazioni negative che hanno un impatto sulla sua carriera lavorativa. Occorre quindi precisare come la suddetta figura, nell’ambito del processo, debba rimanere anonima. Esiste solamente un caso nel quale l’identità del segnalatore viene rivelata, ovvero nel momento in cui l’accusato deve procedere con la sua difesa e fornire delle prove concrete della sua innocenza. In questo caso è importante che il segnalatore venga rivelato affinché la difesa possa produrre delle prove tangibili che consentano all’accusato di potersi discolpare.
Ecco quindi che in questo caso la normativa relativa all’istituto del whistleblowing subisce una variazione importante che, però, ha ripercussioni fondamentali per la conclusione del processo.
Occorre precisare, infatti, come in questo caso si debba giungere a un confronto grazie al quale è possibile capire quale delle due parti sta adottando un comportamento tutt’altro che corretto e soprattutto se le prove fornite da entrambe le parti sono veritiere. Si tratta quindi di un procedimento che deve essere necessariamente svolto affinché sia possibile trarre delle conclusioni corrette ed evitare che una delle due parti in causa possa essere danneggiata senza che vi siano appunto dei fatti concreti che permettono di formulare un’accusa.
Come si comporta l’istituto del whistleblowing in fase di ricezione della segnalazione di illecito?
Occorre anche capire quali sono le diverse procedure che vengono avviate per tutelare il segnalatore e allo stesso tempo per verificare che quell’atto sia veritiero. Potrebbe infatti accadere che per motivi personali, come un avanzamento nella carriera oppure situazioni similari, un dipendente cerchi di sfruttare a suo vantaggio l’istituto del whistleblowing, quindi ottenere un resoconto personale incriminando un dirigente di aver compiuto degli atti illeciti con il mero scopo di essere promosso o comunque vedere la propria posizione lavorativa migliorata. In questo frangente occorre precisare come l’istituto operi in maniera assai precisa e attenta, con l’obiettivo di prevenire questa tipologia di situazione e fare in modo che ogni segnalazione possa essere definita come corretta, evitando di conseguenza una serie di situazioni che possono in qualche modo danneggiare delle figure che non hanno compiuto tali atti.
Ecco quindi che si procede con l’analisi della segnalazione, che deve essere quindi esaminata con estrema attenzione, per poi avviare delle indagini che hanno uno scopo ben preciso, ovvero fare in modo che il risultato finale possa essere sinonimo di un processo che viene svolto adeguatamente. Le varie verifiche sono effettuate con l’obiettivo di ottenere una prova tangibile della veridicità della segnalazione: durante questa fase, ovviamente, sia il titolare o la figura che viene segnalata, sia il whistleblower vengono entrambi tutelati, evitando che tale fase possa destare dei sospetti e quindi creare una situazione di potenziale pericolo per il segnalatore stesso. Qualora le prove prodotte dovessero essere tali da avviare un processo, il segnalatore viene mantenuto anonimo fino alla conclusione del procedimento legale stesso.
Ecco quindi che le segnalazioni sprovviste di un fondamento veritiero non vengono prese in considerazione da parte dell’istituto del whistleblowing, che mira a svolgere procedimenti sempre corretti atti a tutelare dipendenti e aziende.